La prima pianta da fiore apparsa sulla Terra, tra i 250 e i 140 milioni di anni fa, doveva somigliare a questo modello, ricostruito con il più importante e certosino studio sull'evoluzione dei vegetali.
Oggi 9 piante su 10 sono da fiore: sono circa 300 mila, numero che supera ampiamente quello delle gimnosperme, come le più antiche conifere (che producono semi nudi, non protetti da un ovario). Come abbiano fatto i fiori a esplodere nella diversità che conosciamo oggi è un dilemma che tormentava lo stesso Darwin, ed è difficile ricostruirne l'aspetto originario, perché le delicate strutture dei petali raramente si conservano: il più antico fossile di fiore, la pianta acquatica Montsechia vidalii, è stata datata a circa 130 milioni di anni fa.
Il fiore e il suo seme più antico mai trovato. Appartengono alla Montsechia vidalii, una pianta che possiede circa 130 milioni di anni.
Ricostruzione. Un gruppo di paleobotanici dell'Università di Paris-South ha studiato per 6 anni le caratteristiche dei fiori moderni individuando, tra esse, quelle ancestrali. Combinando questi dati con analisi molecolari, il team ha ricostruito una sorta di albero genealogico dell'evoluzione dei fiori, fino a quello che può essere definito il Big Bang della sbocciatura.
3, numero perfetto. Il primo fiore doveva apparire come quello che vedete nel disegno all'inizio della pagina: aveva forse 11 o più tepali (strutture a metà tra foglie modificate e petali) e altrettanti stami. Come molti fiori moderni, comprendeva sia gli organi sessuali maschili (gli stami) sia quelli femminili. Ma, soprattutto, i sepali (foglie modificate che fanno parte del calice) erano disposti in una configurazione alla quale non siamo abituati: non a spirale, ma a gruppi di tre. In tutto, doveva misurare circa 1 centimetro in larghezza.
Evoluzione. Il fiore primigenio aveva un gran numero di petali rispetto a quelli odierni: ridurne la quantità permise ai fiori di diversificarsi in un gran numero di forme e dimensioni. Paradossalmente, la loro attuale complessità potrebbe aver avuto origine da una iniziale semplificazione.
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Fotogallery L'orchidea che si crede Shrek e altri fiori (e funghi) improbabili
Fotogallery L'orchidea che si crede Shrek e altri fiori (e funghi) improbabili
La pelle verde, le orecchie a punta, l'espressione simpatica e persino lo stesso gilet: a un primo sguardo sembra di trovarsi davanti a Shrek, l'orco protagonista dell'omonimo film d'animazione. Invece quella che vedete è una vesparia o fior di vespa (Ophrys apifera), una pianta che appartiene alla famiglia delle orchidee.
Foto: © David Chapman/Milestone Media
Il fiore - molto difficile da avvistare - è stato immortalato in Spagna, sui Pirenei, dal fotografo britannico David Chapman. Mentre noi lo riconduciamo a un personaggio di fantasia, ai maschi di ape ricorda, nella forma, l'addome delle femmine di alcuni imenotteri. Gli insetti gli si avvicinano, quindi, come attratti da un richiamo sessuale che si rivela poi fasullo. Ma intanto si sporcano del suo polline e provvedono a perpetrarne la stirpe.
Foto: © David Chapman/Milestone Media
Ed ecco il personaggio di Shrek che l'orchidea sembra imitare alla perfezione. In effetti, la somiglianza è impressionante. Ma l'orco verde non è l'unico eroe dei bambini ad avere un sosia nel mondo naturale...
Foto: © Milestone Media
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Anche Daffy Duck, il celebre papero delle serie Looney Tunes, ha un gemello nel regno dei fiori: non ci credete? Passate alla prossima foto.
Foto: © Milestone Media
L'orchidea anatra volante (Caleana major), un fiore endemico del deserto australiano, sembra proprio un pennuto in volo. Lunga al massimo 50 centimetri, è particolarmente difficile da notare a causa del colore rosso scuro, che la rende perfettamente mimetizzabile al contesto naturale in cui cresce.
Foto: © Bill Higham/Milestone Media
Anche i colori riprendono quelli del personaggio della Warner Bros: becco giallo e "capo" scuro, proprio come il migliore amico di Bugs Bunny. Nella realtà, questa orchidea ha un altro amico insosituibile: un fungo, che si trova solo in Australia, con il quale le radici del fiore instaurano un rapporto simbiotico. Il fungo protegge l'orchidea dalle infezioni, e questa garantisce, in cambio, la sopravvivenza del "compare".
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Di nuovo Daffy Duck, con la stessa "postura" dinoccolata del fiore che tanto gli somiglia.
Foto: © Milestone Media
E ora un intruso: questo non è un fiore, ma un fungo non commestibile chiamato Clavariadelphus ligula, noto anche come "mazza d'Ercole" per la sua tipica forma a clava. Questo esemplare è stato trovato in Val d'Aveto, Liguria, da Claudio Pia, appassionato cercatore e fotografo di funghi. Vi ricorda qualcosa, ma non riuscite a capire che cosa?
Foto: © Claudio Pia/Ardea/Milestone Media
Ed ecco svelato il mistero: il fungo della foto precedente è la riproduzione naturale del trofeo Fifa per la Coppa del Mondo di calcio.
E le foto di fiori e funghi bizzarri non sono finite. A seguire, una selezione di quelli più strani tratti dalle nostre "foto del giorno".
Foto: © Milestone Media
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Replicando il pattern di un'eruzione di massa coronale seguendo una direzione circolare si sono ottenuti i petali di un fiore speciale, con al centro un'immagine del Sole agli ultravioletti.
Foto: © NASA/SDO
Dal grande al piccolo, la sfera è una delle forme preferite in natura. Pianeti, lune e stelle sono in modo più o meno approssimativo delle sfere. Mettendo le cose sotto la lente d'ingrandimento però si scoprono forme anche più affascinanti.
La sfera nella foto, tanto simile ad una pallina da tennis, solcata da tre linee proporzionali, è un granello di polline di un fiore della passione (Passiflora). Quando uno di questi granelli, che contiene i gameti maschili, si appoggia sullo stigma di una altro fiore, ha inizio la germinazione.
Possibile che anche lo sviluppo delle piante segua schemi matematici precisi? Certo è che molte di esse mostrano regolarità celate nei posti più inaspettati. Pensiamo per esempio ai numeri speciali (i cosiddetti numeri di Fibonacci) che ricorrono in molte strutture naturali come i fiori di giglio che hanno 3 petali o margherite e girasoli che possono averne 34, 55 o 89. I numeri di Fibonacci sono gli elementi di una sequenza numerica in cui ogni numero a partire dal terzo è la somma dei due precedenti (1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34). Furono scoperti da Leonardo Pisano, detto Fibonacci, agli inizi del '200, osservando il mondo in cui si riproduceva una colonia di conigli. Difficilmente in natura troverete fiori con un numero di petali diverso da un numero di Fibonacci. Foto: © Yll (da "Fotografa l'estate")
Foto: © Yll
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Fotogallery I fiori del male
Fotogallery I fiori del male
Crisantemo. È il simbolo della commemorazione dei defunti, ma del Crisantemo (Chrysanthemum) gli si riconoscono diversi usi. Gli agricoltori per esempio lo utilizzano per tenere lontani i conigli: la testa del fiore è tossica, soprattutto per gli animali. E seppure non in maniera letale, può provocare fastidi come orticaria, prurito, dermatite da contatto anche agli esseri umani. Dai suoi fiori si produce un insetticida naturale, il piretro, i cui effetti sull'uomo non sono pericolosi (almeno non quanto quelli degli insetticidi di derivazione sintetica). Come per tutte le piante la velenosità del crisantemo risponde a precise esigenze di difesa: un importante vantaggio sugli animali, davanti ai quali i fiori, a causa della loro immobilità, non possono fuggire.
Anthurium. L'aspetto bizzarro e decorativodell'Anthurium (Anthurium) -si presenta in una gamma di colori che vanno dal bianco allo scarlatto, sebbene in questa immagine sia fotografato ai raggi X -ne svela l'origine sub-equatoriale.
Ma chi pensava di usarlo come ingrediente di una marmellata esotica, seguendo l'ultima moda delle confetture floreali, è bene ci ripensi. Foglie e radici dell'anthurium, se ingerite, possono provocare gonfiore e infiammazioni sulle labbra. E ne risente anche la capacità di parlare, con la voce che diventa rauca e faticosa, e difficoltà a deglutire. I sintomi non durano molto, per fortuna. E, tranne nei casi di intossicazione più gravi, scompaiono bevendo dell'acqua fredda o masticando liquirizia.
Ortensia. "Cucinare coi fiori": non di rado qualche chef ci prova. Attenzione però: non tutti i fiori sono commestibili. Anzi, la gran parte non lo è affatto.
L'ortensia (Hydrangea macrophylla), per esempio: i suoi caratteristici petali dal blu-violaceo al bianco, sono apprezzati per l'arredo dei giardini. Ma pensare di utilizzarla in cucina, soprattutto della varietà conosciuta come Hydrangea Macrophylla potrebbe essere fatale.Dopo qualche ora si manifesta un brutto mal di pancia, accompagnato da prurito, sudorazione e debolezza. Insomma un avvelenamento in piena regola. Senza contare che a seguito di ingestione di ortensie sono stati riscontrati anche casi di coma, convulsioni e problemi gravi alla circolazione sanguigna. C'è un antidoto? Per fortuna sì: è lo stesso utilizzato contro il cianuro. Del resto è proprio questo l'ingrediente killer dell'ortensia.
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Oleandro. L’oleandro (Nerium oleander) è molto diffuso come pianta ornamentale, e a guardarlo in tutta la sua bellezza è difficile credere che ogni sua parte è velenosa. Eppure è così. È tossico il fumo che sprigionano i suoi ramoscelli, una volta bruciati. Si corre un rischio anche a usare questi ultimi come steak per il cibo.
E se volete seguire un'antica tradizione cinese chesuggerisce di bere acqua aromatizzata con fiori freschia, non fatelo con i fiori di oleandro:è pericoloso.
I sintomi sono quelli caratteristici da avvelenamento (nausea, diarrea, vomito, dolori addominali), ma in base alla quantità di olenadro ingerita, il malessere può estendersi anche al cuore: dalle aritmie alla depressione cardiaca, all'innalzamento dei livelli di potassio nel sangue.
Nella foto qui accanto, lo stame dell'oleandro al microscopio elettronico.
narciso. Dietro la bellezza mitologica del narciso (Narcissus) si cela la narcissina, una sostanza velenosa che se ingerita in grandi quantità può provocare nausea, vomito, crampi e diarrea. E i sintomi sono ancora più gravi nei bambini.
Originario della Persia, cresce tra le pianure e le montagne dell'Europa meridionale. I suoi petali somigliano a quelli del fiore di cipolla. Ciò potrebbe spingere qualcuno a raccoglierli per farne uso in cucina. Considerati i rischi, è bene fare attenzione. Il narciso è noto dall'antichità come fiore dal profumo inebriante e soporifero. Secondo la gran parte degli studiosi di etimologia, la radice di narciso è "narkè" (sopore, stupore), la stessa di narcotico.
Digitalis purpurea. Dalla Digitalis purpurea, (digitalis purpurea) si estrae il principio attivo della "digitale", un farmaco indicato nel trattamento delle insufficienze cardiache. I suoi poteri erano noti già nell'antichità e oggi è inserita nell'elenco delle piante officinali spontanee. Ma l'ingestione dei fiori selvatici è da evitare: la digitalis purpurea può portare problemi cardiaci, oltre che nausea, vomito, crampi allo stomaco. E in caso di intossicazione i sintomi possono aggravarsi. La digitossina, uno dei glicosidi attivi della digitale, che ne fa un prezioso alleato della medicina, ha anche la funzione di "metabolita secondario", utile per difendersi dall'aggressione di altri organismi. Secondo alcuni studi però le piante userebbero tali metaboliti (liberandoli nell'aria), anche per scambiarsi informazioni preziose.
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Ficus Benjamin. Alzi la mano chi non ne ha mai visto uno in un salotto. Il Ficus Benjamin (Ficus benjamina) ha scarse esigenze di luminosità e ciò ne fa una pregiata pianta d'appartamento. Il veleno sta nelle foglie e nelle radici: un "latice bianco" a cui conviene fare attenzione perché provoca allergie e infiammazioni della pelle. Niente di grave, sebbene nei paesi tropicali venisse usato per costruire frecce velenose (ma anche per la colla e la gomma). Nessuno si sognerebbe di "assaggiarlo", ovvio. Ma chi ha bambini o animali in casa è bene che faccia attenzione. Ancor di più chi pensa di farlo crescere accanto a un altro albero. Alcune specie del ficus, tra le 800 esistenti, vengono chiamate "assassine": la sinistra fama si deve al fatto che i suoi semi germinano su altri alberi fino a soffocarli.
Glicine. Secondo alcuni botanici il glicine (Wisteria o Wistaria) è tossico in ogni sua parte. Alcuni scienziati invece limitano la sua pericolosità a semi, radici e baccelli: in ogni caso ingerirne anche piccole quantità provoca avvelenamento che si risolve con l'idratazione intravena o la somministrazione di pillole anti-nausea. Molti degli avvelenamenti da glicine riguardano gli animali domestici. Ma, il fatto che spesso sia associato nella coltivazione al gelsomino, usato in alcune ricette culinarie e bevande, potrebbe indurre qualcuno poco esperto in confusione. Il profumo delicato, la fioritura a grappolo e le capacità rampicanti lo rendono infatti una delle più apprezzate piante ornamentali per balconi, pergolati, giardini e tettoie.
Rododendro. Già la classificazione delle specie è motivo di polemica. Alcuni botanici ne hanno classificate 200, altri circa 1200. Particolarmente diffuso sull'Himalaya, il Rododendro (Rhododendron) fiorisce sotto forma di arbusto di varie dimensioni un po' ovunque. Anche da noi: prati, pietraie, alberi, radure e paludi. Rosa, bianco, rosso: la gamma di colori di questa piante è impressionante, le api ne vanno matte, sicchè la produzione di miele da rododendro è abbastanza frequente. Non tutte le specie sono tossiche, mavengono riportati diversi casi di avvelenamento da miele di rododendro derivato da varietà diffuse in Turchia e Anatolia. Il suo veleno si manifesta attraverso una scala di sintomi che va dal bruciore delle labbra al coma (molto raro).
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Mughetto. Guai a farsi ingannare dal Mughetto (Convallaria majalis) con i suoi delicati fiori bianchi a campana. O dal suo odore molto usato in profumeria. O dal fatto che i Queen nel '74 gli hanno dedicato una canzone (Lily of the valley). Il mughetto, che cresce spontaneamente nelle zone prealpine italiane, è una pianta interamente velenosa: ingerirne una piccola quantità non provoca danni gravi, ma basta aumentare la quantità per intossicarsi, con sintomi che vanno dalla nausea ai crampi, fino al battito cardiaco irregolare. Il mughetto contiene infatti "convallatossina", un glicoside dall'alta attività cardio-cinetica.
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